A quanto pare, sei anni dopo la sorprendente vittoria del Leicester, avremo un altro vincitore inaspettato in Premier League. Ma l’Arsenal è davvero una sorpresa?
Sta accadendo qualcosa di grande e sorprendente nel nord di Londra. Più precisamente: è iniziata una nuova era all’Arsenal di Londra, l’era del dopo-Arsene Wenger.
Dopo anni di vagabondaggio e di mezze misure, dopo essersi reso ridicolo non una sola volta e dopo essere stato addirittura in fondo alla classifica, l’Arsenal si è reinventato.
La ricetta di Arteta: una questione di filosofia
È chiaro: l’Arsenal di Londra ha di nuovo forza e sta chiaramente seguendo una visione. L’architetto di questa spettacolare trasformazione è senza dubbio Mikel Arteta. Un giovane manager di quarant’anni, un decennio (e poco più) più giovane di Pep Guardiola. Un manager che ha preso un’idea da Guardiola: quella di una rete di passaggio infinita. Una ragnatela a cui oggi nessuno in Premier League può resistere. Un’idea che ha affinato e portato quasi alla perfezione perché ha avuto davanti a sé le persone giuste. Non è solo questo.
Certo, il Barcellona di Xavi ha il possesso palla e Lewandowski è in attacco, ma il gioco dei catalani ha qualcosa di sterile, artificiale e inefficace. All’Arsenal di Londra il sistema è vivo e vegeto. La domanda è al posto giusto: perché?
Xhaqa il praticante: una questione di duro lavoro e velocità di pensiero
Perché c’è anche Xhaqa, capace di filtrare passaggi, spingere il gioco in avanti, frenare e cambiare direzione, capace di un ritmo di lavoro impressionante e di un’eccellente velocità di pensiero. Forse il calciatore più sottovalutato della sua generazione, Xhaqa è oggi il più vicino al ritratto del centrocampista del 2020. È quello che Kanté era nel 2010.
Arteta ha insegnato all’Arsenal la lezione del possesso palla. Se si ha il pallone e se i giocatori non commettono grossi errori, si vince. Naturalmente servono anche almeno altri due assi nella manica. E l’Arsenal e Arteta li hanno: Gabriel Martinelli e Gabriel Jesus. I due brasiliani si adattano perfettamente all’Arsenal di Londra perché il Brasile e l’Arsenal hanno condiviso negli anni la stessa filosofia calcistica. La storia recente dell’Arsenal e quella antica del Brasile sono accomunate da una difesa un po’ ingenua. Ma quando riescono anche a difendere, Arsenal e Brasile diventano semplicemente inarrestabili.
Più le ali del volo perfetto: Martinelli e Gesù
È la domanda più in voga in Inghilterra in questi giorni: l’Arsenal di Londra può conquistare il titolo? È curioso e divertente che ci si chieda: perché non possono? Solo perché Manchester City e Liverpool sono, visti anche da Parigi, nella classifica del Pallone d’Oro, i migliori club europei ad oggi (anche se il Real Madrid ha vinto e vincerà la Champions League)?! Certo, l’Arsenal può arrivare fino in fondo.
A una condizione sine qua non: che il suo motore non prenda l’influenza, ovvero che le ali su cui vola non si feriscano. Senza Martinelli e Jesus, l’Arsenal rimarrebbe una fabbrica di passaggi, ma niente di più.
I londinesi hanno un altro vantaggio: non giocano in Champions League. La loro giornata europea è il giovedì, il che significa che non perdono il morale e possono spesso proteggere i loro giocatori chiave. L’Europa League rimane una competizione per il tempo libero.
Calcio puro
Ma l’Inghilterra ha un campionato lungo e duro, e ci sono anche le Coppe, dove si gioca la quintessenza del calcio britannico: calcio duro e puro. In passato l’Arsenal ha sofferto molto a causa degli infortuni. Se questo ciclo si ripete, molto probabilmente il titolo andrà ancora al Manchester. Il Liverpool (anche se ha battuto il City per un soffio) e il Chelsea sembrano in calo.
Finora, la rivelazione dell’autunno in Europa è l’Arsenal di Londra. Lontano dalla brillantezza della generazione Bergkamp-Henry, ma più vicino che mai nell’era post-Arsenal a un altro titolo. Con la ricetta di Arteta. Chi ci avrebbe scommesso? Chiunque guardi il calcio con attenzione e capisca come funziona il gioco, naturalmente.